Il punto sulle sanificazioni per SARS-CoV-2
Nel dicembre 2019 numerosi casi di una polmonite a eziologia sconosciuta furono descritti a Wuhan (Provincia Hubei, Cina). I principali sintomi osservati furono febbre, congiuntivite, tosse, difficoltà di respirazione, debolezza, dolori muscolari, mal di testa, perdita del gusto e dell’olfatto, mal di gola, nausea, vomito e diarrea. L’agente eziologico fu identificato come un nuovo coronavirus dell’uomo denominato Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 (SARS-CoV-2) e l’infezione fu denominata Coronavirus Disease 2019 (COVID-19). Nel recente passato altre epidemie da coronavirus nell’uomo sono state descritte anche se con un impatto molto meno devastante.
La prima Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS) causata dal SARS-Coronavirus (SARS-CoV) fu registrata nel 2002-2003 e causò circa 8000 casi in 29 nazioni, con una percentuale di letalità del 9,6%. Nel 2012 fu descritta in 27 nazioni la Middle East Respiratory Syndrome con circa 3000 casi e una percentuale di letalità del 35%. Ad oggi COVID-19 ha colpito in tutto il mondo oltre 450 milioni di persone con una letalità di poco inferiore al 10%.
La più comune forma di trasmissione di SARS-CoV-2 è quella attraverso la via respiratoria da persona infetta a persona recettiva tramite le goccioline di aerosol eliminate con il respiro, con la tosse o con gli starnuti. Tuttavia, anche il contatto con superfici contaminate può essere un’importante fonte d’infezione. In questo contesto il ruolo della sanificazione appare essere uno dei punti cardini della lotta nei confronti di questa infezione.
L’attività di sanificazione riguarda il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o disinfezione e/o disinfestazione, ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima.
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